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Verso un incentivo unico per la transizione digitale e green: che cosa aspettarsi per il 2026

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Le news di Ayming Institute
Ottobre 7, 2025

A fine 2025 i piani Transizione 4.0 e 5.0 saranno sostituiti da un’unica misura per il 2026. La nuova misura, finanziata con risorse nazionali, è chiamata a unire la semplicità del 4.0 con un incentivo per l’efficienza energetica, superando le complessità del 5.0.

 

La partita degli incentivi a supporto della trasformazione digitale e sostenibile delle imprese italiane è in una fase di profondo ripensamento: a fine 2025 i due strumenti che ci hanno fatto compagni negli ultimi anni – Transizione 4.0 e Transizione 5.0 – giungono entrambi a scadenza e il Governo ha deciso di sostituirli con una nuova misura unica che vedrà la luce entro la fine di quest’anno per diventare operativa dal 2026.

Transizione 5.0, una “cometa” che ha iniziato a brillare troppo tardi

Il Piano Transizione 5.0, concepito come evoluzione del 4.0, nasceva con l’obiettivo di integrare l’efficientamento energetico e la sostenibilità negli investimenti per la digitalizzazione. La struttura del credito d’imposta, che univa la componente tecnologica con quella ambientale, ha però generato un importante “attrito di distacco” che ne ha ritardato l’efficacia. La sua applicazione, infatti, si è rivelata più complessa del previsto e solo con le semplificazioni intervenute con le diverse tornate di Faq e poi con la legge di bilancio per il 2025 l’incentivo ha iniziato ad assorbire le risorse assegnate.

Come ha sottolineato il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso in un recente incontro organizzato da Confindustria, l’uso dei credito d’imposta di Transizione 5.0 oggi cresce al ritmo di 300 milioni di euro al mese e si assesterà, per la fine dell’anno, a circa 2,5 miliardi di euro. Una cifra elevata e “di gran lunga superiore a quanto fece Industria 4.0 nel primo anno”, ha detto il Ministro, ma che è ben lungi dal raggiungere l’obiettivo di spesa dei 6,3 miliardi di euro assegnati nel PNRR.

Il risultato è che si arriverà a un ridimensionamento del piano, decretato dal Governo nell’ambito dell’ultima revisione del PNRR. Considerato che anche Transizione 4.0 giunge a scadenza, con il 2026 si dovrebbe invece aprire una nuova stagione di incentivi, che vedrà fondersi questi due incentivi in un’unica misura dedicata a supportare le imprese nella doppia transizione. Un incentivo che sarà finanziato con risorse nazionali e che quindi consentirà di superare le rigidità imposte dal PNRR.

Il disegno del nuovo incentivo 2026

Per quanto riguarda il futuro incentivo la richiesta degli industriali è di creare un meccanismo automatico, semplice nell’accesso come lo era il 4.0, ma che al tempo stesso indirizzi il sistema produttivo verso obiettivi di sostenibilità concreti, premiando con un bonus aggiuntivo le imprese più virtuose. E il Governo sembra intenzionato a procedere proprio su questa strada.

Secondo le ipotesi attualmente in discussione ci sarà una aliquota di base valida per supportare gli investimenti e una maggiorazione per i progetti che dimostrino riduzioni misurabili nei consumi energetici e nelle emissioni. Un approccio ibrido che mira a superare il principale ostacolo che ha frenato Transizione 5.0: la rigidità del meccanismo “tutto o niente”, che legava l’intero beneficio al raggiungimento di soglie di risparmio energetico predefinite (una riduzione del 3% dei consumi dell’unità produttiva o del 5% del processo).

La scelta di finanziare il nuovo strumento con fondi nazionali è un punto di grande rilevanza. Svincolare la politica industriale italiana dalle scadenze e dai vincoli di rendicontazione del PNRR dovrebbe infatti permettere – se saranno appostate risorse adeguate – di sviluppare una strategia di più ampio respiro. Le imprese, soprattutto quelle che devono pianificare investimenti a lungo termine, necessitano di un quadro normativo stabile e prevedibile, una caratteristica che il credito d’imposta 5.0, a causa della sua natura “sperimentale” e della sua stretta connessione temporale al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, non è riuscito a garantire.

La misura sarebbe poi libera dai vincoli del principio “Do No Significant Harm” (DNSH), che imponeva che gli investimenti non arrecassero danni significativi all’ambiente e aveva così di fatto escluso sostanzialmente le aziende energivore dall’attuale piano Transizione 5.0. Grazie a questo snellimento normativo, la nuova misura, che si propone come credito d’imposta unico (digitalizzazione e green), sarà accessibile a tutte le aziende.

La possibilità di estendere gli incentivi anche alle imprese energivore, pur mantenendo il focus sul doppio binario della digitalizzazione e della sostenibilità ambientale, renderebbe il futuro incentivo uno strumento di politica industriale molto più inclusivo ed efficace.

I nodi da risolvere

La chiusura di Transizione 5.0 non comporterà la perdita dei fondi già stanziati. Le somme verranno trasferite su altri strumenti in una sorta di “partita di giro” che consentirà di liberare risorse nazionali per creare uno strumento stabile e di lunga durata, capace di unire la semplicità e l’efficacia del modello 4.0 con la dimensione green introdotta dal 5.0.

Ma non sappiamo ancora quanti soldi avrà a disposizione la nuova misura. Si è parlato di recuperare circa 4 miliardi di euro, ma le cifre non sono definitive. Si stima che Transizione 5.0 chiuderà intorno ai 2,5 miliardi di euro di risorse utilizzate. Tuttavia, poiché la misura sta correndo velocemente, c’è il rischio che la cifra fissata per prudenza dal Governo venga sforata. Le risorse effettivamente disponibili per il nuovo incentivo potrebbero quindi essere inferiori, se non vengono recuperate altrove.

E qui veniamo al prossimo punto: quale sarà la durata effettiva del nuovo incentivo? Nelle dichiarazioni di intenti si è parlato di una misura triennale per garantire stabilità e visione alle imprese. Le ipotesi più realistiche indicano però un orizzonte temporale annuale o, al massimo, biennale (coincidente con la durata residua del Governo). Se ci fossero effettivamente 4 miliardi per due anni, significherebbe un incentivo di circa 2 miliardi l’anno, un importo che rischierebbe di essere sottodimensionato rispetto alle esigenze.

E poi c’è la questione delle tempistiche. Transizione 5.0 giunge a scadenza (per la componente progettuale) il 31 dicembre 2025, come anche Transizione 4.0. Affinché la nuova misura sia operativa dal 2026 bisognerebbe che sia deliberata e approvata in fretta e che non richieda decreti attuativi. E – vale la pena ricordarlo – la tempistica per la rinegoziazione del PNRR, che è il primo passaggio fondamentale, prevede l’approvazione finale dell’Ecofin il 13 novembre 2025. Solo dopo questa data ci sarà il decreto legge che sistemerà il PNRR e consentirà quindi al Governo di capire di quante risorse contare per il nuovo incentivo. I tempi, insomma, sono stretti ed esiste anche il rischio che le aziende si trovino senza incentivi nei primi mesi del 2026.

 


Franco Canna
Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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