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Doppia materialità: che cos’è e la sua applicazione nella CSRD

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Le news di Ayming Institute
Marzo 27, 2024

Le imprese stanno cambiando il modo di percepire e affrontare le tematiche legate al concetto di rendicontazione di sostenibilità che, ormai, va al di là della mera conformità alle normative. Non più limitata a mitigare rischi o accontentare gli stakeholder, la doppia materialità sottolinea l’interconnessione di fattori finanziari e non finanziari. Incarna un approccio olistico in cui le aziende non solo valutano i loro impatti sul mondo, ma riconoscono anche l’influenza delle sfide globali sulla loro resilienza operativa e sulla loro longevità.

Che cos’è la doppia materialità

L’applicazione della doppia materialità all’interno della reportistica

Quali sono i criteri su cui viene stabilita la rilevanza degli impatti da parte, o nei confronti, di determinati temi di sostenibilità?

Chi valuta la materialità?

Perché è fondamentale rendicontare secondo il principio della doppia materialità?

Che cos’è la doppia materialità

La nuova Direttiva europea sulla rendicontazione di sostenibilità, la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), impone l’obbligo per le aziende soggette di riferire sulle questioni ESG secondo il principio di “doppia materialità”.  Questo concetto, introdotto dall’Unione Europea già nel 2019 con le “Linee Guida sul reporting non finanziario” obbliga le aziende soggette a comunicare “sia in merito all’impatto delle attività dell’impresa sulle persone e sull’ambiente, sia su come le questioni di sostenibilità incidono sull’impresa

Le due materialità che lo compongono offrono un punto di vista opposto l’una rispetto all’ altra: infatti una, definita materialità d’impatto” offre una prospettivainside- out”, dando una vista sugli impatti generati da parte dell’organizzazione verso l’esterno, nei confronti dell’economia, dell’ambiente o delle persone.  Questo tipo di materialità è già noto alle aziende che, per conformarsi alla Direttiva che ha preceduto la CSRD, la Non-Financial Directive, hanno scelto come standards di rendicontazione quelli proposti dalla Global Reporting Iniziative (i più diffusi a livello globale, per la verità) basati sulla materialità d’impatto come driver della rendicontazione aziendale di sostenibilità.

L’Unione Europea e l’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group), ente incaricato di redigere i parametri di rendicontazione obbligatori per le aziende che saranno soggette a CSRD, hanno deciso di integrare il concetto di materialità d’impatto con quello di materialità finanziaria”: quest’ultima offre una prospettiva che è invece definita negli standard stessi come outside-in, opposta alla precedente, poiché considera nella rendicontazione gli aspetti di sostenibilità esterni finanziariamente rilevanti verso l’organizzazione, cioè tali da influenzarne il valore economico intaccando lo sviluppo dell’impresa, i suoi flussi finanziari,  la sua situazione patrimoniale o il risultato economico.

L’applicazione della doppia materialità all’interno della reportistica

Nelle prime parole dell’allegato all’atto delegato della Commissione Europea, contenente le disposizioni relative ai dodici European Sustainability Reporting Standard (ESRS), viene enunciato come il principio di doppia materialità rifletta la volontà da parte del legislatore di identificare gli impatti attraverso la materialità d’impatto, e i rischi e le opportunità tramite quella finanziaria.

Le due prospettive, seppur opposte, non si escludono a vicenda: un tema come le emissioni di CO2 ne sono esempio. Esse, intaccando la qualità dell’aria, hanno un impatto negativo sull’ambiente e su varie categorie di stakeholder, dalle comunità locali ai clienti. Adeguare i macchinari produttivi con tecnologie non inquinanti, o ricorrere a sanzioni da parte dello Stato, così come perdere partner commerciali per una mancata conformità con le norme richieste, sono condizioni che hanno ripercussioni sul flusso di cassa di un’azienda e sull’andamento del business. Dunque, anche finanziariamente, sono rilevanti.

Tuttavia, le aziende dovranno riportare sui temi che risulteranno essere materiali anche solo per una delle due prospettive, oltre che per entrambe. Una volta identificate le questioni di sostenibilità materiali per l’organizzazione, le aziende soggette alla Corporate Sustaibility Reporting Directive dovranno rendicontare nei loro bilanci di sostenibilità come tali questioni sono gestite, mediante politiche e azioni, e valutate, tramite metriche e obiettivi.

Quali sono i criteri su cui viene stabilita la rilevanza degli impatti da parte, o nei confronti, di determinati temi di sostenibilità?

Il primo ESRS spiega come le materialità siano stabilite secondo l’utilizzo di parametri differenti. La materialità di un impatto è valutata in base alla sua severità, analizzando:

  • L’ entità dell’impatto, che ne definisce la gravità,
  • La portata, che ne misura la diffusione,
  • La condizione irrimediabile dell’impatto, che valuta i limiti nel riportare la situazione a prima che l’impatto avvenisse.

Questi fattori sono comunque inter-correlati, in quanto più scala e portata sono ampi, maggiore è il carattere irrimediabile dell’impatto. Quando l’impatto è potenziale, e dunque la sua accadibilità non è sicura, un altro fattore da valutare è la sua probabilità.  Negli ESRS, inoltre, viene precisato come, in presenza di un potenziale impatto negativo riguardante i diritti umani, la sua severità verrà considerata più rilevante della probabilità.

Chi valuta la materialità?

Nello stabilire la materialità degli impatti di una tematica ESG, sia che essa sia riguardante l’ambiente, le comunità o aspetti di governance, un ruolo determinante lo detengono gli stakeholder chiamati a valutarne l’entità su coinvolgimento da parte delle aziende, che saranno circa cinquantamila quando la direttiva CSRD avrà piena estensione. Gli stakeholder, in italiano “portatori d’interesse”, vengono distinti negli ESRS in due tipologie: quelli che sono, o potrebbero essere, influenzati dall’ attività dell’impresa, sia direttamente che indirettamente, e i fruitori della dichiarazione di sostenibilità, che possono essere identificati come investitori, banche o semplicemente componenti della società civile interessati alle performance di sostenibilità dell’azienda in questione.

The implementation guidance for the materiality assessment” è un documento utile non vincolante, rilasciato dall’EFRAG che delinea gli step utili a identificare i temi materiali: le aziende dovranno anzitutto inquadrare il loro contesto di operatività, mappandone le principali caratteristiche, così da poter avere una vista chiara sui portatori di interesse da coinvolgere nel processo di assessment. Dovranno poi essere identificati i temi di sostenibilità sui quali gli stakeholder saranno chiamati a esprimere il proprio punto di vista, cosa che, garantirà all’azienda la conoscenza dei propri impatti, rischi e opportunità su cui redigere il bilancio di sostenibilità in conformità con la CSRD.

Interessante come gli ESRS identifichino come portatrice d’interessi silenziosa anche la Natura, per cui, chiarisce il secondo ESRS, “la valutazione della rilevanza degli impatti dell’impresa si può basare su dati ecologici e su dati relativi alla conservazione delle specie”.

Perché è fondamentale rendicontare secondo il principio della doppia materialità?

La rendicontazione di sostenibilità fa senz’altro un enorme passo avanti con l’introduzione della doppia materialità: misurare, analizzare e gestire gli impatti è un risultato ambizioso, che le aziende dovranno raggiungere per essere in conformità con la direttiva e avere un business sostenibile. Lo sforzo richiesto è senz’altro impegnativo, ma in rapporto i futuri benefici saranno ben maggiori, perché intraprendere un percorso di sostenibilità strutturato è ciò che è necessario fare per assicurarsi benefici nel breve, medio e lungo periodo, in linea con la transizione verde prevista dall’ Unione europea con il pacchetto di misure contenute nel “Green Deal”.

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