Il contesto attuale: cosa prevede la sospensione dei nuovi dazi USA
La questione dei nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti sulle importazioni sta generando dubbi e preoccupazione in capo alle aziende italiane che cercano di comprendere quanto tutto questo inciderà sulla loro produttività. Ad oggi, vige una sospensione di 90 giorni dell’applicazione dei dazi verso i Paesi partner e troverà comunque applicazione un dazio reciproco al 10%. L’eccezione è rappresentata dalla Cina, per la quale è stato confermato un aumento dell’aliquota daziaria.
Questa la situazione è in attesa di eventuali accordi bilaterali tra gli Stati Uniti ed i Paesi coinvolti.
Come funzionano i nuovi dazi americani sulle importazioni
In linea generale, la previsione di dazi aggiuntivi comporta che gli stessi si applichino in aggiunta dei dazi applicabili in via ordinaria ai prodotti oggetto di importazione. In altri termini, i dazi aggiuntivi si sommano ai dazi generali previsti dalla tariffa armonizzata degli Stati Uniti HTSUS (Harmonised Tariff Schedule of the Usa) ovvero dalla clausola della nazione più favorita MFN (Most Favoured Nation) e a qualsiasi altra tassa applicabile ai singoli beni importati.
I dazi reciproci sono tariffe all’importazione negli Stati Uniti che prevedono un dazio minimo del 10%, applicato a tutti i Paesi fatta eccezione dei prodotti oggetto dell’accordo USMCA (Usa, Messico e Canada), e dazi aggiuntivi applicati a specifici Paesi.
Per quanto riguarda i prodotti provenienti dall’Unione Europea, sono previsti dazi aggiuntivi del 10%, che si aggiungono ai dazi precedenti, per un totale del 20%. Questa aliquota assorbe quella del 10% e si somma ai dazi ordinariamente applicati.
Le nuove tariffe all’importazione si aggiungono ai dazi del 25% su acciaio e alluminio (componenti e prodotti finiti che contengono questi materiali) e a quelli sui veicoli stranieri e parti di ricambio, pari al 25%.
I dazi si applicano al 100% del valore del prodotto importato, fatta eccezione per i prodotti il cui valore sia almeno per il 20% di origine statunitense. Al verificarsi di tale ipotesi, la maggiorazione trova applicazione solamente per la quota parte non statunitense del prodotto.
Giova, altresì, sottolineare che ai fini della determinazione dei dazi non assume alcuna rilevanza il semplice trasferimento dei beni da un Paese ad un altro che beneficia di un accordo migliore con gli Stati Uniti (ad esempio UK).
Dazi USA e filiera produttiva: cosa devono fare le imprese italiane
Come prima cosa, è necessario avere ben chiari i flussi delle proprie forniture. Dopodiché, occorre accertarsi che i prodotti, ed i materiali che li compongono, oggetto di esportazione rientrino tra quelli non soggetti ai nuovi dazi, prestando attenzione al codice doganale che contraddistingue la merce interessata.
Le imprese italiane che esportano verso gli USA debbono prestare particolare attenzione ai contratti di vendita per comprendere chi tra acquirente e venditore sia responsabile del pagamento dei dazi. A tal fine, in prima battuta, l’analisi deve riguardare gli Incoterms utilizzati perché possono rappresentare un rischio significativo. Ad esempio, la clausola DDP (“Delivered Duty Paid”) prevede che sia il venditore a farsi carico di oneri e imposte all’importazione.
Origine delle merci e responsabilità doganali: i rischi da evitare
Altro aspetto che non può essere sottovalutato è l’origine della merce con tutti gli elementi che ne influenzano la determinazione perché un errore potrebbe comportare l’applicazione retroattiva dei dazi, con conseguenti ricadute finanziare sulla società.
Strategie per mitigare l’impatto dei dazi USA
In questa situazione di incertezza, è bene valutare soluzioni alternative volte a minimizzare l’impatto dei nuovi dazi e ad ottimizzare i flussi commerciali internazionali della propria attività. A tal fine, potrebbe essere utile rivedere la propria strategia commerciale prevedendo la localizzazione della produzione in altri Stati ovvero valutare un’origine differente per la merce.
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