I transfer pricing adjustment non assumono rilevanza ai fini IVA quando sono finalizzati a integrare il margine operativo della controparte del gruppo. Tuttavia, diventano rilevanti per l’imposta sul valore aggiunto quando rappresentano il corrispettivo per la vendita di un bene o il saldo di un’operazione precedente.
Questo principio è stato espresso dall’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 266 del 18 dicembre 2024.
Il caso analizzato dall’Agenzia delle Entrate
L’Amministrazione finanziaria ha fornito chiarimenti in risposta a un interpello presentato da una società (Alfa) con sede nell’UE e registrata ai fini IVA in Italia. Alfa opera con la consociata statunitense Beta USA, effettuando acquisti intracomunitari e importazioni di beni per successiva lavorazione, seguiti dalla cessione dei prodotti finiti a Beta tramite operazioni di esportazione.
Per gli aggiustamenti Transfer Pricing (TP), Alfa emette due fatture per le transazioni con Beta USA:
- una prima fattura per il 5% del valore totale dovuto per ogni operazione;
- una seconda fattura, successiva, per il 95% rimanente, che rappresenta l’aggiustamento necessario per mantenere il margine operativo di Beta USA in linea con il principio di libera concorrenza. Quest’ultima non è emessa per singola operazione, ma per un periodo.
Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sui transfer pricing adjustment e IVA
Secondo l’Amministrazione finanziaria, affinché un transfer pricing adjustment assuma rilevanza ai fini IVA, è necessario che si tratti di rettifiche:
- a titolo oneroso;
- collegate a specifiche cessioni di beni o prestazioni di servizi;
- direttamente correlate al corrispettivo originariamente pattuito.
In altre parole, le rettifiche da transfer pricing rientrano nella base imponibile IVA quando, in base a specifiche clausole contrattuali, le parti manifestano l’intenzione di modificare il corrispettivo pattuito per la transazione intercompany.
L’analisi dell’Agenzia delle Entrate si basa sui principi generali del transfer pricing, il cui obiettivo è una corretta allocazione del reddito tra imprese di un gruppo multinazionale che operano in Stati diversi. Ai fini fiscali, il prezzo delle transazioni deve riflettere quello applicato da imprese indipendenti in condizioni di libera concorrenza (c.d. arm’s length principle), come previsto dall’art. 9 del Modello OCSE e dall’art. 110, comma 7 del TUIR (cfr. circolare n. 16/E del 24 maggio 2022).
Tuttavia, l’IVA ha una logica diversa: non mira a correggere la ripartizione dei redditi, ma a tassare il consumo di beni e servizi. Pertanto, le rettifiche transfer pricing non incidono automaticamente sulla base imponibile IVA, che dipende dal corrispettivo pattuito tra le parti e non dal valore normale del bene o servizio.
Nel caso analizzato, l’Agenzia ha ritenuto che la seconda fattura emessa da Alfa, pari al 95% dell’importo totale, fosse rilevante ai fini IVA. Secondo l’Amministrazione, non è plausibile considerare la quasi totalità del valore TP (fatturato a consuntivo) esclusivamente come un aggiustamento del margine operativo, poiché nella TP policy aziendale si afferma che tale aggiustamento corrisponde al 95% del corrispettivo totale.
Conclusioni
Una documentazione aziendale chiara e dettagliata è essenziale per determinare la natura degli aggiustamenti transfer pricing e il loro trattamento ai fini IVA. Una documentazione poco precisa può generare incertezze e comportare un errato inquadramento fiscale delle rettifiche.
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