Articolo a firma di Katiuscia Terrazzani, Managing Director Ayming Italia.
Si fa presto a dire STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), a creare spazi nel mondo – società, industria, università, ricerca – specifici per le donne che intendono perseguire studi e professioni un tempo considerati appannaggio solo del genere maschile.
Un conto è sollecitare, raccontare, discutere nei convegni, un conto è doversi misurare ogni giorno con il proprio ruolo e la propria crescita manageriale al femminile, in un mondo del lavoro dove si vive ancora la diversità di genere.
Parte da queste considerazioni la riflessione di Katiuscia Terrazzani, Managing Director di Ayming Italia sposata, due figli, laureata in Ingegneria Gestionale presso il Politecnico di Milano: “Il genere ancora pesa nel nostro contesto reale e culturale. È parte della nostra esperienza al femminile e ci accompagna sin da quando siamo piccole. Le nostre potenzialità sono importanti – la capacità organizzativa, l’empatia, la capacità di prendere decisioni rapidamente, di gestire la vita su più fronti – e ideali da applicare nel mondo del lavoro. Ciò nonostante, ci ritroviamo, tutte, ad affrontare nel quotidiano non un semplice cammino, come fanno i colleghi uomini, ma una vera e propria scalata”.
Questa consapevolezza del dover “spingere” con costanza non è subito percepita, ma presenta il conto rapidamente: “Una donna manager si ritrova a dover colmare gap reali. Penso ad esempio al ricollocamento in caso di perdita del lavoro. Secondo i dati Unesco, le donne “guadagnano” un nuovo posto ogni 20 persi, in totale contrasto con gli uomini, che trovano un nuovo lavoro in ambito STEM ogni 4 persi”.
Complementarietà, valore da condividere
Da anni ormai le donne hanno compreso come lo stile manageriale e di leadership al femminile, anche riferiti all’ambito STEM, non possano vivere paragonandosi a quello maschile.
Specifiche soft skill sostengono le donne, che portano in azienda plus diversi e complementari, che vanno da una maggiore sensibilità, a una gestione delle persone più umana e più sostenibile anche nel tempo, con l’obiettivo comune di creare una cultura etica all’interno delle organizzazioni. Su questa complementarietà, e non competizione con la leadership al maschile, occorre lavorare, per far crescere le aziende e il business. Tutto semplice, allora? La risposta è negativa e pertiene al contesto internazionale, non solo a quello italiano: “Preoccupa, purtroppo, ma è un’ulteriore conferma di quanta strada ci sia ancora da compiere, che le Nazioni Unite abbiano dovuto inserire, nella propria agenda, i WEP-Women’s Empowerment Principles, per sostenere la parità economica e la posizione delle donne in azienda”.
Niente da dimostrare, vale già la bravura
Arrivati al 2019, è tempo di lasciar andare anche gli stereotipi, diventati persino noiosi: la donna manager, negli incontri aziendali, viene a volte ancora accolta con stupore, come se fosse una rara avis, o dovesse giustificare, o confermare, la sua bravura – specie se accompagnata da una certa eleganza – per aver raggiunto quella posizione apicale ed essere seduta a quel certo tavolo insieme ai colleghi maschi. “È capitato anche alla sottoscritta: non è il caso di restare stupite, è sufficiente far finta di niente e mostrare, con i fatti, il proprio valore”. Quando l’incontro è invece tra donne, si sconta un’iniziale competizione, alla stregua di quanto tipicamente avviene nel mondo maschile. Ma direi che, una volta caduta la barriera della diffidenza, le donne sanno fare squadra rapidamente e ottenere risultati eccellenti”.
Guardare ai giovani
Migliorare la condizione femminile attuale è doveroso e anche possibile, e va a tutto vantaggio della crescita culturale e umana della società. Occorre però partire dai giusti soggetti: “Mi riferisco all’importantissimo lavoro che può essere svolto sulle nuove generazioni. Scuola e istituzioni possono aiutare i bambini e i ragazzi a sviluppare nuove consapevolezze, che non prevedano più differenze di genere o di ruolo, in riferimento alle inclinazioni più o meno STEM o alle future professioni”.
Cosa dirà e cosa sta raccontando, sul ruolo della figura femminile in generale, Katiuscia Terrazzani ai suoi due figli, Ester 9 anni e Giacomo 6? “Di essere sé stessi. Già adesso vedono papà e mamma lavorare, viaggiare, avere incarichi di responsabilità. Potranno intraprendere qualunque strada professionale vorranno, mettendo in campo impegno, studio, rigore e curiosità. E cercando di andare oltre gli stereotipi maschio/femmina”.
Dritte all’obiettivo
La donna ha in sé la capacità di arrivare dove desidera. “Può con maestria gestire al meglio i suoi ruoli sovrapposti – moglie, madre, caregiver, amica,… – fare carriera, facendo leva su fantastiche skill innate. Poco importa se impiegherà più tempo per giungere al proprio obiettivo: questo gap non la dovrà frustrare. Né gli uomini, né le altre colleghe donne vanno considerati nemici da combattere; la rabbia, in questi delicati contesti, non è di alcun aiuto. La consapevolezza della propria bravura è un’arma ben più efficace”.
Dovesse lasciare un consiglio alle giovani, afferenti al mondo STEM o in generale alle ragazze e donne pronte ad affrontare la carriera professionale, cosa direbbe? “Di essere maggiormente volitive, assertive, pronte a chiedere per ciò che semplicemente spetta loro”.
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