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Legge di Bilancio 2023: due scenari opposti per le aliquote del Piano Transizione 4.0

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Puntuale come ogni anno si avvicina l’appuntamento con la Legge di Bilancio: il testo base è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 21 novembre, bollinato dalla Ragioneria e trasmesso al Parlamento che inizierà l’iter di approvazione il 13 dicembre per concludere entro la data ultima del 31 dicembre, con tempi ancora più contingentati rispetto agli anni scorsi.

Il 31 dicembre 2022, infatti, segna non soltanto il termine ultimo di approvazione del disegno di legge di bilancio 2023 prima dell’esercizio provvisorio ma anche la conclusione di numerosi strumenti agevolativi, il cui destino finale è stato avvolto dall’incertezza almeno fino a pochi giorni fa.

Il 2022 si chiude con una Manovra di bilancio da 35 miliardi, in larga parte (21 miliardi circa) destinati all’estensione dei provvedimenti a compensazione dell’incremento dei costi energetici.

Al di fuori da questa meritoria attenzione al tema dell’energia, il testo base di 174 articoli è caratterizzato dalla tendenza a prevedere disomogenei micro-provvedimenti dedicati a settori specifici, senza un reale disegno strategico di lungo periodo.

Molta, forse troppa, attenzione è stata dedicata alla continua estensione dei regimi fiscali speciali o alle deroghe ad hoc alla disciplina pensionistica, a fronte della assenza di politiche generali volte ad incentivare l’innovazione e la transizione ecologica e digitale del tessuto produttivo italiano.

Ad oggi nessuna disposizione è stata dedicata al rifinanziamento della Nuova Sabatini o alla conferma delle disposizioni speciali dedicate al Mezzogiorno, né tantomeno al mantenimento delle intensità agevolative previste dal Piano Transizione 4.0 che saranno dimezzate dal 1° gennaio 2023 (senza contare l’abrogazione di fatto del credito d’imposta formazione 4.0 e del credito d’imposta investimenti in beni ordinari).

Questa grave lacuna difficilmente può essere colmata dagli 11 articoli inclusi nel titolo dedicato alle misure per favorire la crescita e gli investimenti: la stragrande maggioranza dei provvedimenti, infatti, interviene su aspetti di dettaglio, ha stanziamenti troppo ridotti per poter lasciare un lascito duraturo (ad esempio il fondo da 75 milioni annui dedicato all’innovazione 4.0 in agricoltura) oppure ha prospettive temporali ridotte (come l’estensione al 31 dicembre 2023 della disciplina transitoria del Fondo di garanzia per le PMI).

Gli incentivi rifinanziati per il 2023

Più nel dettaglio, gli unici incentivi prorogati nel 2023, che rappresentano le eccezioni, sono i Contratti di Sviluppo per incentivare i grandi investimenti, il Fondo per le filiere produttive del made in Italy e il Credito d’imposta per sostenere le spese di quotazione delle PMI.

Le mancanze di questa Manovra 2023 – evidenziate sin dall’inizio dai principali operatori economici – hanno indotto l’Esecutivo a pubblicare una nota per precisare la presentazione di interventi correttivi sotto forma di emendamenti al testo base.

Gli emendamenti, in particolare, hanno ad oggetto la proroga del Credito d’imposta in favore delle imprese che acquistano beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nei territori del Mezzogiorno ZES e ZLS, nonché l’estensione delle aliquote maggiorate con riferimento alle attività di ricerca e sviluppo effettuate da imprese localizzate al Sud.

Con specifico riferimento agli incentivi dedicati ai beni materiali ed immateriali 4.0, la volontà dell’esecutivo sembra prevedere un provvisorio mantenimento di aliquote e stanziamenti già definiti, in vista di un intervento generale di revisione da effettuarsi nel primo semestre 2023.

Tale intenzione è stata recentemente confermata dal Ministero per le imprese ed il made in Italy in sede di audizione avanti alle Commissioni parlamentari, che ha prospettato l’impegno a mantenere anche nel 2023 le aliquote dei crediti d’imposta inclusi nel Piano Transizione 4.0 attualmente in vigore.

Vi sono, tuttavia, alcune incertezze di ordine finanziario: data l’assenza di risorse, l’Esecutivo ha annunciato la volontà di modificare i target di spesa PNRR allo scopo di utilizzare 4 miliardi di euro di fondi non impegnati, ma ciò richiede una procedura di autorizzazione da parte della Commissione europea, con il rischio di prolungare una fase di incertezza.

Di seguito, quindi, le aliquote del Piano Transizione 4.0 2023 dei due scenari possibili:

Transizione 4.0 2023

(Situazione attuale)

Transizione 4.0 2023

(Se UE autorizza utilizzo fondi PNRR)

Beni materiali e software non 4.0
  • 0%
  • 0%
Beni materiali 4.0
  • 20% per investimenti fino a 2,5 milioni €
  • 10% per investimenti da 2,5 a 10 milioni €
  • 5% per investimenti da 10 a 20 milioni €
  • 40% per investimenti fino a 2,5 milioni €
  • 20% per investimenti da 2,5 a 10 milioni €
  • 10% per investimenti da 10 a 20 milioni €
Software 4.0
  • 20%
  • 50%
Credito d’imposta R&S&I
  • 10% per attività di ricerca e sviluppo
  • 10% per attività di innovazione, design e ideazione estetica
  • 10% per attività di innovazione con finalità orientate a un obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0
  • 20% per attività di ricerca e sviluppo
  • 10% per attività di innovazione, design e ideazione estetica
  • 15% per attività di innovazione con finalità orientate a un obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0

 

Lo stesso problema si riscontra anche con la Nuova Sabatini, oggetto di profonda revisione a seguito della pubblicazione della circolare ministeriale n. 410823 del 6 dicembre 2022.

Dal 1° gennaio 2023 le PMI italiane potranno inoltrare domanda alla Nuova Sabatini Green che sostiene gli investimenti correlati all’acquisto o leasing di macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, a basso impatto ambientale.

La Nuova Sabatini Green offre un contributo in conto impianti parametrato ad un tasso di interesse pari al 3,575% in luogo del 2,75% ordinario, a fronte del possesso di una (a) idonea certificazione ambientale di prodotto o (b) una idonea autodichiarazione ambientale rilasciata da produttori, importatori o distributori dei beni.

Per quanto l’attuazione della Nuova Sabatini Green sia una notizia estremamente positiva, l’operatività dello strumento rischia di essere limitata dalla possibile riduzione dei finanziamenti a valere sul 2023, con il rischio di ridurre la propensione agli investimenti delle PMI, già messi a prova dall’inflazione e dall’aumento dei costi energetici.

In conclusione, l’impianto della Manovra 2023 resta di basso profilo, poco orientato alle necessità strategiche del Paese, motivo per il quale ha sollevato diverse polemiche provenienti dal mondo delle imprese e degli industriali.

La meritoria attenzione al tema energetico, infatti, non basta a fornire coesione ad una struttura caratterizzata dalla presenza di innumerevoli disposizioni rivolte alla tutela di micro-settori o interessi particolari, soprattutto a discapito di alcune tra le sue più importanti sezioni – Nuova Sabatini e Piano Transizione 4.0 – che sono state rinviate all’inizio del nuovo anno.

Tuttavia, la positiva reintroduzione delle agevolazioni specifiche per il Mezzogiorno e gli impegni assunti in merito alla revisione del Piano Transizione 4.0 – anche nell’ottica di incentivare gli investimenti in beni immateriali ad alto livello – lasciano aperto un piccolo spiraglio positivo rispetto alla situazione di inizio dicembre.

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