Legge di Bilancio 2024: novità e incentivi per le Imprese
Il 30 dicembre è stato pubblicato il testo definitivo della Legge di Bilancio per l’anno 2024 (Legge 30 dicembre 2023, n. 213). Rispetto alla versione iniziale – approvata dal Consiglio dei ministri in data 16 ottobre – l’importo complessivo è aumentato da 24 a 28 miliardi di euro composto in misura preponderante (15,7 miliardi) da interventi a deficit a breve termine.
In particolare, tanto gli interventi di riduzione delle aliquote IRPEF – mediante l’estensione dell’aliquota al 23% fino a 28.0000 euro – quanto l’esonero parziale dei contributi previdenziali (fino a 7 punti percentuali) a carico dei lavoratori sono privi di coperture finanziarie certe e hanno, quindi, durata fino al 31 dicembre 2024 e non potrebbero essere rifinanziati con gli eventuali proventi derivanti dalla vendita di quote delle aziende a partecipazione statale.
Lo stesso vale anche per l’incremento fino a 2.000 euro della soglia di esenzione dei fringe benefit aziendali, la riduzione al 5% dei premi di produttività e gli esoneri speciali per le lavoratrici madri (presenti fino al 2026). In parziale controtendenza, l’incremento del fondo sanitario è stato programmato su base pluriennale mentre l’incremento del bonus asilo (a determinate condizioni) sarà su base permanente.
Credito d’imposta Zes Unica
La principale novità recata dalla Manovra è la conferma dello stanziamento di 1,8 miliardi previsto per sostenere il nuovo credito d’imposta ZES Unica fino al 31 dicembre 2024.
Questa misura, in particolare, era stata istituita dall’art. 16 del Decreto-Legge n. 124/2023 ed offre incentivi sotto forma di crediti d’imposta alle imprese – PMI e grandi – che acquisiscono beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nelle Regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise e Abruzzo.
Per essere agevolabili, gli investimenti devono (i) avere importi compresi tra 200.000 e 100 milioni di euro, (ii) far parte di un progetto di investimento inziale, (iii) avere ad oggetto l’acquisto di beni mobili ad uso strumentale e/o di terreni e immobili strumentali nuovi, questi ultimi entro un limite massimo del 50% del valore complessivo dell’investimento agevolato.
Il credito d’imposta – riconosciuto in base alla Carta degli Aiuti a finalità regionale 2022-2027 – può arrivare fino al 60% per le piccole imprese. L’efficacia della misura, in ogni caso, dipende dall’approvazione di un decreto attuativo che dovrà definire le modalità di accesso, i criteri e le modalità di fruizione del credito d’imposta e, soprattutto, la disciplina dei controlli anche al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa annuale di 1,8 miliardi.
Nuova Sabatini
Oltre al credito d’imposta ZES Unica, la Legge di Bilancio contempla il rifinanziamento con 100 milioni della Nuova Sabatini e uno stanziamento pluriennale (190 milioni per il 2024, 310 milioni nel 2025 e 100 milioni annui dal 2026 al 2030) a valere sui Contratti di sviluppo di tipo industriale, che hanno la finalità di sostenere i grandi progetti di investimento superiori a 20 milioni.
Contratti di Sviluppo
In merito ai Contratti di sviluppo industriali, lo stanziamento finanziario potrebbe essere insufficiente: infatti, come sottolineato nella relazione tecnica di accompagnamento, i Contratti di sviluppo si sono dimostrati idonei a soddisfare un’ampia gamma di esigenze imprenditoriali al punto che, nonostante l’alto tasso di respingimento delle richieste presentate (quantificato attorno al 30%-40%), potrebbero essere necessarie ulteriori risorse al fine di garantire una piena operatività dello strumento negli anni futuri.
Viene, altresì, confermata la concessione di un credito d’imposta fino al 40% per i cinema a seconda delle dimensioni di impresa, la proroga del credito d’imposta per le case editrici, l’istituzione di una nuova forma di garanzia SACE – a condizioni di mercato – per supportare gli investimenti infrastrutturali e produttivi e il posticipo di 6 mesi dell’entrata in vigore di plastic e sugar tax.
Con particolare riferimento all’obbligo di inserire il CUP in fatture oggetto di pubblici incentivi, la Legge di Bilancio precisa che la disposizione non si applica alle fatture emesse da soggetti non residenti in Italia e/o alle fatture emesse prima della corretta attribuzione del codice nell’ambito di misure agevolative che ammettono il sostenimento delle spese anteriormente all’atto di concessione.
Il capitolo della Legge di Bilancio dedicato alle imprese si chiude con l’istituzione dell’obbligo di attivare una polizza assicurativa a copertura di danni derivanti da calamità naturali ed eventi catastrofali. La polizza dovrà coprire terreni e fabbricati, impianti e macchinari, attrezzature industriali e commerciali. Le imprese dovranno attivarsi entro il 31 dicembre 2024, in quanto la mancanza della polizza sarà tenuta in considerazione nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche.
Un decreto interministeriale MEF–MIMIT stabilirà ulteriori modalità attuative e operative degli schemi di assicurazione in oggetto e aggiornare la percentuale massima di scoperto o franchigia a carico del contraente (attualmente il 15%).
Pur non discostandosi dalle tendenze degli anni passati (assenza di coperture stabili, ruolo limitato di intervento del Parlamento, tendenza al micro-finanziamento di misure, assenza di analisi d’impatto sull’efficacia delle misure), la Manovra per il 2024 manca di un chiaro intento strutturale, dal momento che pochi interventi hanno un respiro di lungo periodo.
Limitando l’attenzione alle sole misure a favore delle imprese, la dotazione del Credito d’imposta ZES UNICA è stata fissata per il solo 2024, fatto che lascia un significativo margine di incertezza in caso di investimenti pluriennali.
Quanto ai Contratti di sviluppo, l’efficacia dello strumento potrebbe essere rafforzata mediante la riduzione della proibitiva soglia di accesso a 20 milioni di euro (quantomeno per il Mezzogiorno, caratterizzato da un tessuto produttivo più debole) accompagnata da un significativo incremento della dotazione economica. Risorse aggiuntive potrebbero essere ottenute in sede di revisione degli incentivi alle imprese tramite il consolidamento e la concentrazione di misure aventi finalità simili.
In ogni caso, il quadro delle opportunità per le imprese non si esaurisce con la sola Legge di Bilancio.
Piano Transizione 5.0 e PNRR
Infatti, la presenza dei fondi PNRR ha permesso al Legislatore di finanziare – con relativa rapidità – interventi e investimenti che in passato avrebbero richiesto significative risorse nazionali, senza contare il fatto che l’onere finanziario sui prestiti PNRR è inferiore rispetto ad una eventuale emissione di titoli nazionali.
Ad esempio, la recente approvazione delle integrazioni al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza con l’inserimento della nuova missione REPowerEU ha consentito di riservare alle imprese italiane 12,4 miliardi tra il 2024 e il 2026. In particolare:
- 6,3 miliardi – Transizione 5.0;
- 2,5 miliardi – Transizione ecologica e competitività delle filiere produttive strategiche;
- 2 miliardi – Contratti di filiera nel settore agroalimentare e della pesca;
- 1,158 miliardi ripartiti tra la nuova edizione del Parco Agrisolare e il rifinanziamento del Fondo BEI dedicato alle imprese turistiche
Vi sono, in particolare, novità in merito al piano Transizione 5.0. Durante l’interrogazione parlamentare del 19 dicembre, infatti, il Ministro delle Imprese e del Made in Italy ha confermato che il decreto-legge e le relative misure attuative saranno pubblicate già a gennaio.
In base alle anticipazioni finora disponibili, il Piano sosterrà investimenti fino a 50 milioni e sarà ripartito in tre moduli dedicati agli asset digitali 4.0 (3,78 miliardi), autoconsumo e autoproduzione di energia da fonti rinnovabili (1,89 miliardi) e formazione in ambito 5.0 (630 milioni). Le agevolazioni saranno riconosciute sotto forma di crediti d’imposta fino al 40% dei costi ammissibili, in caso di cumulo con il vigente credito d’imposta investimenti in beni strumentali 4.0.
Le aliquote – almeno tre – saranno parametrate in base alla riduzione dei consumi energetici e al risparmio energetico conseguito rispetto alla situazione antecedente all’investimento, da comprovare attraverso certificazioni ex ante ed ex post che attestino il possesso dei requisiti e l’effettiva realizzazione degli investimenti. Ai fini dell’ammissibilità, la riduzione dei consumi energetici dovrà essere superiore al 3%, mentre il risparmio energetico – da calcolarsi sui soli processi aziendali interessati dagli investimenti– dovrà essere almeno pari al 5%.
Sebbene i dettagli siano ancora da definire, il Piano Transizione 5.0 potrebbe avere tutti i requisiti per incentivare l’adeguamento del sistema produttivo italiano ad un’economia più green e sostenibile in una strategia di lungo periodo, a patto che, una volta terminate le risorse del PNRR, siano individuate le risorse compensative.
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