Fabio Peron, co-founder di Leviathan e partner di Foresight Investment: “Il team? E’ motivato se sa il perché di quello che è chiamato a fare. Le aziende? Devono investire sulla sostenibilità”
Oggi incontriamo Fabio Peron per parlare dei trend del mercato di domani, la sostenibilità e il procurement. Fabio è un professionista dinamico, solido ed internazionale, diviso fra Europa e Stati Uniti. Aspetto sportivo e uno sguardo acuto ed attento. Dopo significative esperienze in Italia e all’estero in Bosch e successivamente come GM nel gruppo Spectrum Brands, è co-founder di Leviathan, start-up nel Digital Marketing Performance e partner di Foresight Investment, private equity con focus sulle mid-cap italiane. Laurea in Economia Aziendale alla LIUC e MBA alla SDA Bocconi, Fabio è membro del Senior Advisory Board di Ayming.
Quali sono state le tappe fondamentali della sua carriera?
Dividerei la mia carriera in due fasi. La prima, post universitaria, durata più di dieci anni, in una grande azienda europea manifatturiera, Bosch: cultura tedesca con un forte focus sul prodotto. Per me è stata come una seconda università. Ho avuto la fortuna di avere eccellenti collaboratori e capi dai quali ho imparato molto. La seconda, anche questa di una decina di anni, l’ho vissuta in un’azienda di largo consumo quotata in Borsa, Spectrum Brands, controllata da un private equity. Come molte corporate americane, per le quali la scalabilità del Business è un mantra, Spectrum Brands era molto più interessata allo sviluppo dei mercati e della distribuzione. Queste due fasi molto diverse mi hanno arricchito e completato: Bosch orientata al medio-lungo periodo, attenta alla sostenibilità del Business, Spectrum Brands focalizzata sul breve periodo, con una crescita più “opportunistica”, anche dovuta alla presenza di un fondo volto a massimizzare profitti e risultati prima dell’uscita dall’investimento. Grazie a queste preziose e complementari esperienze – che mi hanno offerto un vasto scenario sulle dinamiche di Business in Italia e all’estero – oggi mi sento preparato a tutte le sfide che mi saranno offerte.
Quali sono le virtù che si riconosce nel ruolo che svolge e quali i lati del suo carattere che vorrebbe migliorare?
Sono molto curioso, è il tratto distintivo della mia personalità. Per natura mi piace capire le dinamiche, mi appassiono. La curiosità è l’energia del mio carattere. Osservo tutto quello che mi circonda nella realtà professionale come nel mio privato. Trovo che questo mio interesse sia veramente il traino nella vita lavorativa: mi ha portato a cambiare, a cercare ed affrontare nuove sfide. Un aspetto sul quale vorrei perfezionarmi è non dare per scontato che tutto il team abbia la mia stessa proattività e comprendere invece quando per alcuni diventa un po’ eccessiva.
Come coniuga lavoro e vita privata? Potrebbe descriverci un suo giorno lavorativo tipo e un momento di relax?
Mi piace stare a contatto con le persone, cerco di essere presente all’interno dell’organizzazione per la quale lavoro il più possibile ma anche al fuori dell’ufficio per visitare i clienti, fornitori e stare a contatto con il territorio. Penso che serva vedere la realtà coi propri occhi, in modo tangibile. Chi rimane sempre in azienda, si perde una parte di conoscenze fondamentali per prendere decisioni e fare certe scelte. Nel tempo libero sono spesso collegato alla mail, anche quando sono a casa. Lavorando con gli Stati Uniti, c’è un problema di fuso orario e quindi la sera tardi, quando per i miei colleghi è mattina, ricevo messaggi importanti ed è necessario rispondere subito. Nei week end cerco di prendermi un po’ di spazio per me e la famiglia. Pratico diversi sport, soprattutto ciclismo, un modo magnifico per staccare: passo ore in sella immerso in paesaggi incantevoli. Mi sono così appassionato che partecipo anche a diverse gare, come ad esempio la Maratona delle Dolomiti. Le ardue salite, lo sforzo per conquistare la vetta mi portano a pensare e spesso ho avuto intuizioni professionali vincenti proprio pedalando. Sono da solo, mi interrogo, ponendomi domande alle quali voglio dare una risposta. Gli sport di endurance ti abituano alla fatica e ti preparano alla disciplina e strategia che devi avere per raggiungere grandi obiettivi. Li consiglio a chi deve gestire la pressione e la responsabilità. Mio figlio invece è velista e mi piace accompagnarlo. Pratico solo sport all’aria aperta: amo vedere i colori, sentire gli odori. Nella stagione invernale mi appassiona lo sci.
Ci racconti uno dei suoi successi nei vari momenti: dalla sfida alle difficoltà, dal momento in cui ha temuto di non farcela al raggiungimento dell’obiettivo.
In Spectrum Brands avevo già un ruolo come direttore generale della filiale italiana che avevo riorganizzato e che funzionava bene. Mi è stato affidato lo stesso ruolo anche in Spagna e Portogallo, sulla scorta dei risultati raggiunti in Italia. Mi ricordo come se fosse ieri la telefonata del Vice President che mi anticipava questa opportunità. Essere catapultati da un giorno all’altro in un Paese in cui non conosci il team di lavoro né il mercato è stata una sfida molto ambiziosa. Mi sono reso conto che, anche se Spagna e Portogallo sono simili al nostro Paese per alcuni aspetti, per il resto c’era tanto da conoscere. Bisognava cambiare modello di Business, da uno tramite distributori a uno diretto, era necessario inserire figure nuove nell’organizzazione, un cambiamento già vissuto in Italia e che dovevo replicare in un contesto da studiare. All’inizio devo ammettere di aver avuto un po’ di remore: vedevo questo grande progetto davanti a me, sapevo di averlo già fatto, mi sentivo preparato però era un ambiente ancora sconosciuto per me e conoscevo le aspettative del mio capo. Visti gli ottimi risultati che avevo ottenuto in Italia, voleva che li raggiungessi anche in Spagna e Portogallo, e in pochissimo tempo. Ambizione e tenacia mi hanno però permesso di superare le difficoltà. Ho passato tanto tempo nei Paesi che dovevo imparare a conoscere, sono entrato in contatto con la cultura del luogo, ho compreso il vissuto. Sono partito dalle persone con cui dovevo lavorare: siamo riusciti insieme a cogliere questo cambiamento come un momento di crescita. Il team era giovane e presto ha superato l’iniziale diffidenza nei miei confronti, visto che ero passato da essere il loro collega italiano a loro capo. Ho cercato di capire il loro modo di lavorare, le aspettative, come vivevano il cambiamento. Ho coinvolto tutti, lo trovo un elemento fondamentale. Bisogna essere molto chiari e spiegare il punto d’arrivo, motivando non solo il come ma anche il perché del progetto intrapreso. Questo ha favorito con il passare del tempo la fiducia reciproca, e siamo riusciti a fare quello che ci eravamo prefissati. E’ stata una sfida molto impegnativa, ma di grande soddisfazione.
Qual è il suo rapporto coi social network? Li usa per informarsi? Utilizza Linkedin? Trova che sia uno strumento utile per il suo lavoro oppure pensa che la quantità di inviti e di messaggi rischia di diventare invasiva?
I social sono un “must to have”, è necessario averli e frequentarli. Non sono un nativo digitale, ho studiato su supporti cartacei ed ho iniziato a lavorare che non c’era ancora Internet, però penso che oggi i social siano una parte irrinunciabile degli strumenti che ogni manager deve avere. Sono consapevole che vanno gestiti in modo accurato, sono reputation, sono branding, e quindi, non avendo molto tempo, ho fatto una selezione a monte. Ho scelto Linkedin, che gestisco abbastanza bene. Lo uso tutti i giorni e lo trovo un mezzo estremamente utile e potente. Facebook e Instagram li utilizzo solo a livello personale.
Parlando di sviluppo e trasformazione aziendale pensa che il settore Procurement possa e debba diventare più strategico?
Il concetto di “acquisti”, valido fino a dieci anni fa, è stato stravolto, prima dalla globalizzazione poi dalle nuove tecnologie e infine dal concetto di sostenibilità d’impresa. Viviamo in un’era di cambiamenti incredibili e forse non tutti si sono ancora resi conto di quanto stia accadendo, pensiamo solo all’Industria 4.0 e alla Digital Transformation. Questa rivoluzione tecnologica ha un forte impatto anche sul Procurement. Gli acquisti oggi sono “figli della tecnologia”, perché funzionali a generare valore. Diventando automatizzati, sono cambiati i processi, modificando così tutta la filiera. Capire dove si sta andando e gestire il Procurement in modo lungimirante, è fondamentale.
Quali sono secondo Lei i settori in cui le aziende dovranno svilupparsi domani? Quali quindi saranno le principali sfide che dovranno essere superate?
La sostenibilità è una sfida che dev’essere affrontata subito e in modo diverso. Se vogliamo migliorare le performance dell’azienda – e lo dobbiamo fare – dobbiamo includere nel nostro sforzo la sostenibilità, pensare all’ambiente, spostare il focus dal breve al medio-lungo. Oggi qualsiasi azienda si confronta con il tema della sostenibilità, sia che si tratti di un fornitore di un produttore finale che richiede certe garanzie, che di un produttore che pretende un certo standard. Adesso noto organizzazioni importanti che collocano la sostenibilità nella propria mission, la dichiarano agli azionisti e la perseguono in modo concreto. Addirittura, tra i più illuminati, si iniziano a vedere degli indicatori di bilancio che impattano sul valore azionario della società. In Italia, il cui tessuto è per lo più caratterizzato da piccole e medie imprese, si è meno orientati a questi cambiamenti, però qualche segnale inizio a vederlo. Voglio sottolineare che non è solo questione di sostenibilità ma di sviluppo sostenibile. La finalità delle aziende è di servire la società.
Qual è il suo punto di vista sul mondo della consulenza?
La consulenza spesso viene vista dalle aziende come un costo. Devo dire che in passato, anche dove ho lavorato, si è esagerato nell’impiego di società esterne. Il budget lo permetteva. Con la crisi, invece, abbiamo assistito ad una tendenza opposta, si è tagliata tutta la spesa ad essa destinata anche se per me continua ad avere un grosso valore. E’ utile perché permette di raffrontarci con l’esterno: rappresenta la capacità di mettersi in comparazione con altre realtà che non conosciamo. La consulenza fornisce dei benchmarck, delle best practice, degli esempi di successo da cui apprendere una serie di esempi positivi per generare il cambiamento. La consulenza offre il confronto e il confronto aiuta a migliorarsi.
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