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Comunicare la sostenibilità: dal Greenwashing al Greenhushing

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L’attenzione alla sostenibilità e alle sue tematiche correlate sta crescendo esponenzialmente – e di conseguenza, anche il fenomeno del greenwashing – trovandosi al centro delle agende delle imprese e dei consumatori in tutto il mondo. Questo fenomeno è stato alimentato da una combinazione di fattori, tra cui una maggiore consapevolezza dell’impatto ambientale delle attività umane, l’urgente necessità di affrontare il cambiamento climatico e una nuova normativa europea volta a regolamentare e promuovere la trasparenza nelle pratiche commerciali: la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive).

Parallelamente, c’è un interesse in costante crescita da parte dei consumatori per le questioni legate alla sostenibilità. Sempre più persone sono consapevoli dell’impatto ambientale dei prodotti che acquistano e delle aziende da cui li acquistano, e cercano attivamente marche e prodotti che dimostrino un impegno autentico per la sostenibilità e la responsabilità sociale.

In questo contesto di crescente attenzione e regolamentazione, si è verificato un fenomeno nuovo ma correlato al greenwashing – noto come greenhushing – che solleva interrogativi sulla trasparenza aziendale.

In questo articolo, esploreremo il concetto di greenwashing, l’importanza della comunicazione sostenibile e il fenomeno emergente del greenhushing.

Cos’è il Greenwashing

Quanto è esteso il fenomeno del Greenwashing e la Direttiva europea per contrastarlo

Greenwashing: l’impatto della nuova Direttiva europea

L’Importanza della comunicazione sulle tematiche ESG e l’effetto del Greenwashing

Greenhushing: cos’è e quali rischi per le aziende

Greenhushing: quanto è esteso questo fenomeno e quali conseguenze dannose

Cos’è il Greenwashing

Il greenwashing è una pratica di marketing ingannevole utilizzata da alcune aziende o organizzazioni per far apparire i loro prodotti o attività come più sostenibili, ecologici o rispettosi dell’ambiente di quanto non siano in realtà. Questo termine deriva dall’unione delle parole “green” (verde) e “whitewashing” (imbiancare), indicando quindi un tentativo di “imbiancare” o mascherare le azioni nocive o non sostenibili di un’azienda dietro a una patina di sostenibilità.

Quanto è esteso il fenomeno del Greenwashing e la Direttiva europea per contrastarlo

Uno studio della Commissione europea del 2020 ha rilevato che, nei paesi dell’UE, il 53,3% delle asserzioni ambientali fornisce informazioni vaghe, infondate o pratiche commerciali ingannevoli in merito alle caratteristiche ambientali dei prodotti e che il 40% delle asserzioni non era comprovato da dati verificabili.

In risposta a questo fenomeno, a gennaio 2024, il Parlamento europeo ha definitivamente approvato una direttiva volta a migliorare l’etichettatura dei prodotti e a vietare l’utilizzo di dichiarazioni ambientali fuorvianti. Questa nuova legge si propone di proteggere i consumatori dalle pratiche commerciali ingannevoli e di agevolarli nella formulazione di scelte d’acquisto più consapevoli. In particolare, verranno inserite nell’elenco UE delle pratiche commerciali vietate, e una serie di strategie di marketing legate al fenomeno del greenwashing e all’obsolescenza precoce dei beni (conosciuta come la fine del ciclo di vita di un prodotto).

Greenwashing: l’impatto della nuova Direttiva europea

La direttiva mira a fornire linee guida più rigorose e standardizzate per garantire che le affermazioni di sostenibilità siano accurate e verificabili. Infatti, tra i principali punti chiave della direttiva vi è l’obbligo per le aziende di fornire evidenze concrete e verificabili per sostenere le loro affermazioni di sostenibilità. Ciò potrebbe includere la divulgazione di dati quantitativi, risultati di test, certificazioni di terze parti o altre forme di verifica indipendente.

Inoltre, la direttiva prevede sanzioni più severe per le aziende che violano le norme anti-greenwashing, inclusa la possibilità di multe significative e sanzioni legali.

L’Importanza della comunicazione sulle tematiche ESG e l’effetto del Greenwashing

Questa nuova direttiva è di fondamentale importanza nel contesto attuale, in cui sempre più consumatori sono attenti all’impatto ambientale dei prodotti che acquistano e delle aziende da cui li acquistano. Un’informazione accurata e trasparente sulle pratiche sostenibili è essenziale per consentire ai consumatori di fare scelte informate e promuovere un’economia più sostenibile nel lungo termine.

Le imprese che si impegnano sinceramente per migliorare la sostenibilità ambientale dei loro prodotti trarranno vantaggio da queste nuove norme. Saranno più facilmente riconosciute e premiate dai consumatori, il che potrebbe portare ad un aumento delle vendite anziché dover affrontare una concorrenza sleale. Pertanto, questa proposta contribuirà a creare condizioni paritarie per quanto riguarda le informazioni sulle prestazioni ambientali dei prodotti.

Effetto negativo della Direttiva sul Greenwashing: che cos’è il Greenhushing

Se da un lato queste normative sono utili per impedire alle aziende poco rispettose delle persone e dell’ambiente di mascherare la propria natura, dall’altro possono scoraggiare anche imprese oneste dall’esplicitare le proprie iniziative e obiettivi volti a contrastare il cambiamento climatico.

Se prima le aziende comunicavano troppo, anche in modo errato o fuorviante, oggi il problema sembra essere l’opposto. Oltre al greenwashing, è emerso un nuovo concetto chiamato “Greenhushing”, che indica quindi il silenzio o la mancanza di divulgazione da parte delle aziende riguardo agli impatti ambientali delle loro attività. Mentre il greenwashing coinvolge la manipolazione dell’immagine per apparire più sostenibili di quanto si sia in realtà, il greenhushing si riferisce all’omissione o alla minimizzazione delle informazioni ambientali.

Greenhushing: quanto è esteso questo fenomeno e quali conseguenze dannose

Secondo il Net Zero Report 2023 elaborato da South Pole, su un campione di 1400 aziende intervistate, circa il 70% delle aziende attente alla sostenibilità sta nascondendo deliberatamente i propri obiettivi climatici, in contrasto con la precedente tendenza di fare promesse audaci sul cambiamento climatico. Questo comportamento è evidenziato nel rapporto come una strategia per conformarsi alle normative ed evitare il controllo pubblico.

Il rapporto mostra come le aziende attente al clima, e particolarmente propense al Greenhushing, sono quelle dei settori della moda, dei beni di consumo, della tecnologia, del petrolio e dei servizi ambientali. Le aziende di beni di consumo, come quelle alimentari, praticano misure di Greenhushing nell’86% dei casi.

Nonostante il Greenhushing, le aziende non rinunciano a raggiungere l’obiettivo Net Zero. Tre quarti delle imprese intervistate hanno affermato di investire più denaro per ridurre le emissioni di carbonio, anche se non comunicano adeguatamente tali sforzi.

Il maggiore controllo da parte di investitori, clienti e media è una delle principali motivazioni dietro il Greenhushing, secondo il sondaggio anonimo condotto da South Pole. Oltre la metà delle aziende che praticano greenhushing indica il cambiamento normativo come motivo principale per non comunicare i propri impegni climatici.

Il Greenhushing non è uniformemente diffuso nei vari paesi. Le aziende americane sono meno propense al Greenhushing rispetto ad altre, mentre in Europa, la Francia è in testa alla classifica con la maggior parte delle aziende che tacciono sugli obiettivi climatici, probabilmente a causa di leggi che limitano il greenwashing.

Il fenomeno contrapposto al greenwashing ha conseguenze dannose, come la riduzione della competizione e della pressione che può spingere le aziende ad essere più ambiziose riguardo ai propri obiettivi ambientali.

È fondamentale che più aziende aumentino la propria ambizione climatica collaborando con la catena di fornitura, educando gli stakeholder e condividendo iniziative e strategie, che possono portare a un continuo miglioramento dei settori di riferimento.

 

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